L’inquinamento peggiora le allergie ai pollini, ma la VMC ti può aiutare
Allergie primaverili: cosa succede se lo smog si allea con i pollini
L’allergia primaverile ha trovato un nuovo alleato nell’inquinamento: lo dimostra un nuovo studio che evidenzia la stretta correlazione tra inquinamento atmosferico, cambiamenti climatici e allergia respiratoria (allergia primaverile). Si tratta di uno studio tedesco, condotto dal Max Planck Institute for Chemistry di Mainz e dalla University Medical Center dell’Università Johannes Gutenberg, poi pubblicato sulla rivista Frontier Allergy.
In pratica prima il polline “cattura”e “trasporta” alcuni inquinanti atmosferici (ozono, biossido di azoto e particolato), per poi rilasciarli nelle nostre vie respiratorie. Risultato? Aumento dei sintomi nei soggetti allergici e nuova ipersensibilità agli allergeni anche nei soggetti non allergici.
Reazioni allergiche in aumento: è un’epidemia da polline inquinato
Purtroppo il risultato della nefasta alleanza è l’aumento di reazioni allergiche anche in chi non ne soffre: si prevede che il 2023 sia un anno record per i pollini che esporrà a rischio allergia 3 milioni di italiani in più.
A lanciare l’allarme anche gli esperti Siama e Siaaic, secondo i quali le allergie sono in aumento poiché “gli inquinanti ne alterano la struttura potenziandone gli effetti” con il risultato che 1 su 3 dei 10 milioni di italiani allergici potrebbe non esserlo per davvero: manifesta tutti i sintomi classici (rinite, prurito oculare, congiuntivite, tosse, asma), ma solo a causa dell’inquinamento ambientale.
Oggi sappiamo che ad incidere sull’aumento delle allergie non sono solo la predisposizione genetica e le anomalie climatiche (come gli inverni più caldi), ma anche l’esposizione eccessiva degli allergeni ad alcuni inquinanti atmosferici che, proprio negli ultimi anni, hanno raggiunto concentrazioni elevate.
In breve, il polline “inquinato” scatenerebbe reazioni allergiche anche nelle persone che in realtà non lo sono.